LEGGO IL TESTO
Dal secondo libro dei Re 4,8-11.14-16
Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era un’illustre donna, che lo trattenne a mangiare. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.
Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere; così, venendo da noi, vi si potrà ritirare».
Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Eliseo [disse a Giezi, suo servo]: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20230702.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Desidero soffermare la nostra attenzione sulla prima lettura che abbiamo ascoltato nella liturgia della Parola di questa Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario.
Un letto, un tavolo, una sedia, un candeliere. Pochi oggetti vengono menzionati nella lettura per dirci che non serve altro, solo piccole cose, per trasformare una stanza vuota in un grembo fecondo.
Cos’è la fede? Che significa avere fede?
Carissimi, avere fede è proprio questa capacità, materna, di trasformare una grotta in una Natività, un deserto in un fiore, un lutto in una possibilità.
Un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere, ci dicono che dobbiamo smettere di dire più che la vita è povera e che la fede è un dono per pochi che arriva dal cielo.
La fede è la trasfigurazione del quotidiano.
La fede è è creare uno spazio di silenzio, un Sacro Vuoto nella parte più preziosa del cuore per credere ancora al racconto della vita, per non smettere di ascoltare la vita, anche se è faticosa, se si è fatta vecchia e sterile, come per quella coppia che attendeva come manna il passaggio di Eliseo.
La fede non è altro che un tavolo, un altare quotidiano, un frammento di terra che cammina incontro al cielo.
Fede significa saper star seduti a tavola. La tavola è la vita. Niente di più. La fede è apparecchiare alla vita, è invitarla a farci compagnia, è implorare la storia, che si fermi, che ci parli, è non aver vergogna di mostrarci bisognosi, è stare sulla soglia della tenda, nell’ora più calda del giorno, in attesa di qualcuno che ci regali il suo sguardo sulla vita.
La Fede è apparecchiare la tavola ogni giorno, con la cura del particolare, è sedersi a spezzare il pane della compagnia ma anche quello amaro del fallimento, del tradimento. La Fede è non rifiutare nemmeno il boccone del traditore perché non bisogna aver paura della vita mai, perché in ogni pezzo di pane c’è l’incarnazione di un Dio che chiede di trasformarci in suo corpo.
La fede è anche una sedia e un candeliere.
La sedia è immagine della preghiera e ci invita alla sosta e il candeliere un atto di coraggio, che venga fatta luce, che venga alla luce la vita.
Eliseo diventa voce della promessa di un figlio, e pare, ad una lettura superficiale che il miracolo sia intervento divino dall’alto invece no, miracolo è che una donna vecchia e senza figli sia stata capace di trattenere per tanto tempo la luce tra le dita, così tanta da saper illuminare il quotidiano, una luce così intensa da trasformare una stanza vuota in un grembo di vita.
Il miracolo è quello di una donna che non ha smesso di fare l’amore con le cose.
Allora, cos’è la fede? È saper libare la luce da ogni cosa.
Basta un bicchiere di acqua, in fondo, lo dice bene il vangelo, basta un bicchiere d’acqua per chi ha imparato ad ascoltare la vita. Non servono tante cose, anche solo un bicchiere d’acqua.
Per credere a questo non dobbiamo credere che un letto, un candeliere, una sedia, un tavolo, un bicchiere siano solo oggetti. Dobbiamo accorgerci che ogni cosa è più di quel che appare, che che una cosa, una relazione non si esaurisce rispondendo al nostro bisogno.
Ecco forse la fede è proprio questo, smettere di sentirsi il centro del mondo, la misura delle cose e fidarsi, creare le condizioni affinché la vita parli e si racconti e ci trasformi. Lasciare libere le cose di essere più di quel che mi appaiono, più di quel che mi servono.
Chiediamo al Signore, di donarci un tavolo, una sedia, un candeliere, un letto per trasformare il tempo in stanza superiore, un grembo capace di ascolto.
Avere fede è liberarsi dalla vergogna, dalla paura, dal pudore che non ci permettono di ascoltare.
Aver fede è atto di libertà, è far cantare la luce che pulsa sotto la scorza di ogni cosa, dal tavolo al padre, dalla sedia alla madre. Un bicchiere di acqua racchiude la luce dell’Universo.
Aver fede è atto di libertà, e allora prendiamo la nostra croce, liberiamoci dalla paure e inchiodiamoci alla vita, liberiamo il bisogno d’amore che ci portiamo dentro, perdiamoci per gli altri, regaliamoci la saggezza di chi perde il controllo, innamoriamoci, usciamo dai margini, impariamo a camminare il profilo sottile tra vita e morte, tra perdersi e trovarsi, accogliamo ogni cosa di noi, senza condanna ma con la solennità che tutte le cose si meritano, alleviamo lo stupore, accompagniamo nella stanza superiore ogni sussulto del cuore, ogni sbavatura, qualsiasi entusiasmo.
Liberiamo la luce, perdiamo la scorza della vita, offriamo un bicchiere di acqua fresca ad ogni parte di noi stessi. Impariamo ad abitare la stanza superiore, cioè il nostro cuore, impariamo l’accoglienza, innamoriamoci dell’ascolto. Liberiamo la luce.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Cos’è la fede per me?
PREGHIERA
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia.
Perché tu sei lo splendore della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele.
Sal 88