LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/20240922.html
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Carissimi amici,
stiamo celebrando la XXV domenica del Tempo Ordinario e il vangelo mette dinnanzi alla nostra vita umana e di fede un bambino.
Quante volte ci capita di agire come i discepoli: seguiamo Gesù, quasi in automatico, partecipiamo alla vita comunitaria quasi per tradizione. Quante volte non comprendiamo quello che ci dice il Maestro. Quante volte abbiamo paura di fare delle domande al Maestro, semplicemente perché a volte siamo in chiesa ma non siamo sintonizzati con Dio, siamo seduti in una chiesa, ma il nostro cuore e lontano da Dio. Quante volte davanti ai grandi cambiamenti che avvengono nella nostra vita esistenziale, di fede, dinanzi ai grandi cambiamenti che avvengono nelle nostre comunità parrocchiali, all’incarico tolto, all’incarico concesso ad altri, Gesù ci risponde e, ancora una volta, la sua risposta è sconvolgente, quasi paradossale: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti”. È qualcosa che trascende la razionalità e ci lascia spiazzati.
Com’è possibile che per essere il primo, il più forte, debba farmi piccolo e debole? Com’è possibile… io che frequento da tanti anni non ho nessuno incarico? Come è possibile dopo tanti studi, il vescovo, il superiore, non mi ha dato nessun incarico di prestigio? Semplicemente perché siamo figli della logica del mondo, che vuole superuomini, uomini e donne in carriera, e non servi. Il servo, il piccolo, è sempre al primo posto della comunità.
Lo so, accade anche a me, nelle nostre comunità religiose, parrocchiali, si sceglierà il più brillante, il più visibile, quello che s’impone da sé, magari il più munito intellettualmente e il più forte, ma chiediamoci sappiamo scegliere nonostante occupiamo il primo posto anche l’ultimo, quello del servizio?
Il Vangelo, oggi ci dice con convinzione, di affidarci semplicemente a Dio e Dio occupa l’ultimo posto, non quello dell’incarico, dell’essere qualcuno, del comandare, dell’autorità, ma del servizio, semplicemente dell’ultimo posto. Affidiamoci a Lui, solo in Lui la nostra debolezza diventa forza, la nostra povertà diventa ricchezza, la nostra piccolezza diventa grandezza. Egli trasfigura il nostro peccato e lo fa diventare amore. Che bello. E ci invita a fare come lui, ad imitarlo: ci chiede di accogliere un bambino, ovvero chi è più piccolo e debole di noi, e di essere capaci di riconoscere Dio in lui.
Carissimi, la fede poggia sulla speranza (ed entro nella seconda riflessione). Chi riceve molto? Il bambino. Il piccolo. Chi spera molto? Un bambino. Un piccolo.
Si, carissimi fratelli e sorelle, un bambino conosce la speranza. Sapete perché? Perché sa aprire la bocca in un sorriso, nell’accoglienza, quando ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime, prima ancora di ricevere il perdono. I bambini, semplicemente gli ultimi, i piccoli, danno ordini al futuro. Sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo. Proviamoci anche noi: facciamoci piccoli.
I Santi hanno sperato molto e hanno creduto molto e hanno compreso che l’ultimo posto aveva il colore della speranza. Solo servendo hanno vissuto nella speranza di una vita beata e felice nell’eternità.
San Pio si è fatto ultimo, servo di tutti, attraverso il sacramento della riconciliazione. Chiuso, nascosto in un confessionale. L’ultimo di tutti. A servizio di tutti. Colui che ha amato più di tutti. Colui che ha fatto sperare per una vita bella e felice in Dio più dei suoi confratelli, che occupavano il primo posto.
San Camillo ha compresso che la felicità la si guastava solo occupando l’ultimo posto, che per lui era la sofferenza dei fratelli. Piegato sul dolore degli altri. A servizio della malattia, che i potenti rifiutavano. Ha fatto sperare per una vita bella e felice in Dio da iniziare a gustare ai piedi del malato, sull’altare di Dio che era il letto del morente.
“Tanto hai quanto speri. Spera molto, avrai molto”. È la più bella sintesi della liturgia della Parola di oggi.
Carissimi, se si spera in tutto tranne che in Dio, alla fine si perde tutto. Speriamo in Dio e otteniamo la vita eterna, la vita beata, la vita felice. Solo in Dio gustiamo la beatitudine del cielo.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Come reagisco quando non comprendo le parole di Gesù?
Qual è la decisione, il passo fermo e cosciente che il mio cammino mi chiede oggi?
Quale esperienza di servizio mi ha permesso di fare posto ad altri nella mia vita?
PREGHIERA
Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Poiché stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.
Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
Ti offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.
Sal 53