LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Luca 23,35-43
Iquel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Liturgia della Parola: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20221127.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Inizia, oggi, la Prima Domenica di Avvento e leggendo questo vangelo la prima reazione che abbiamo è quella di soffermarci a riflettere sul tema del vegliare.
Personalmente, mi soffermo a riflettere sul tema della vita e vi invito a farlo con me.
La vita accade, con o senza di noi. La vita continua e lo fa senza grandi variazioni sul tema: si mangia e si beve, si prende moglie o marito. Lo si comprende bene quando muore una persona che abbiamo amato tanto. E forse è davvero così, quello che per noi è tutto per la Vita è nulla. Si nasce, si ama, si muore. Si è sempre fatto, si farà fino alla fine, e intanto piove la vita, uguale a se stessa, con o senza di noi.
La vita scorre e il primo passaggio è accorgersi di questo. Un passaggio rischioso, un passaggio scivoloso, per cuori forti, bisogna accettare di potersi smarrire, accettare di essere titolari di marginalità. Un passaggio spesso negato, dalle nostre proposte di fede, credo per paura di perdere fedeli, si continua a celebrare la vita con banale leggerezza, a illudere di vuoti protagonismi, a fingere che credere renda bella la vita. Così facendo si disinnesca lo scandalo di vivere (e francamente credere non serve nemmeno più). Insistere con un certo modo di credere infantile, sorridente e ingenuo, ripetendo copioni, accontentandosi di svago e aggregazione, di parole senza anima ci conduce a una religione drammatica perché vuota.
Il primo passo dell’avvento è guardare in faccia alla vita, a questa vita che è molto più grande dei nostri drammi. E non ricorrere subito a un Dio troppo comodo e consolante. Accorgersi del dramma, fare i conti con la tragedia di stare al mondo. E solo allora, solo dal ventre del dramma, trovare il coraggio di guardare negli occhi Noè.
Noè non è un uomo, Noè è una strategia, l’unica minima strategia che anche il vangelo propone per non venire travolti dalla vita. Noè è un modo di stare al mondo, per uomini e donne che hanno sentito bruciante il dramma dell’esistenza. Noè è un uomo simpatico che salva qualche uomo e una serie di animali dal diluvio. Noè per gli amanti della vita è una provocazione e una possibilità. La vita scorre, i diluvi arrivano, le vite vengono travolte e non c’è nulla, ma proprio nulla da fare se non continuare a mangiare, bere, prendere moglie o marito, stare nel campo, macinare alla mola ma al modo di Noè: portando in salvo piccoli frammenti di vita generativa. Piccoli pezzi, il minimo indispensabile, una coppia, un maschio e una femmina. Viene da piangere. Un lavoro minimo e paziente, uno di quelli che passano sotto silenzio, che “non si accorsero di nulla”, ma è l’unica cosa che possiamo fare. Questa è la fede, poco consolante e molto misteriosa. Portare in salvo frammenti di vita significa spingerli nell’arca e chiudere la porta. Non fermare il diluvio, quello non si può, la vita prosegue, ma mettere al sicuro brandelli d’amore.
Siamo chiamati, in questa prima domenica di avvento, ad avere il coraggio di vedere il dramma di una vita faticosa e difficile ma insieme inventare e custodire gesti generativi, cioè che generano vita e amore.
Certo che la vita è prendere moglie o marito ma puoi farlo per abitudine oppure puoi viverlo con lo stupore di chi non si sente mai all’altezza dell’amore ricevuto. Puoi farlo passando di pretesa in pretesa oppure spargendo gesti gratuiti di amore.
Credere penso abbia a che fare con questo sepolcro sigillato che è la nostra Arca, un luogo dove deporre minimi gesti di amore, come semi. Credo che ci sia gente che, magari senza saperlo, sta seminando gesti d’amore che un giorno resusciteranno a vita eterna. Credo che sarebbe meglio morire se non ci fosse quel sepolcro a forma di Arca, credo che anche la mia vita, le nostre vite, passeranno senza lasciare traccia ma credo anche che qualche seme possiamo lanciarlo anche noi. Credo che la resurrezione sia un concetto difficile da immaginare ma credo anche che i gesti d’amore che ho ricevuto e che continuo a ricevere, quando mi accarezzano, prima di piantarsi nel sepolcro della morte, mi sembra sussurrino Eternità. E in quei momenti mi sembra possibile anche credere.
Piccoli frammenti che generano vita: ecco il cammino dell’Avvento!
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Riesco a generare vita intorno a me?
Come Noè riesco a custodire nella mia “Arca”?
PREGHIERA
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Salmo 121