LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20230709.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.”
Carissimi fratelli e sorelle, l’amore si svela solo ai piccoli. I dotti, i “primi della classe” non reggono le rivelazioni dell’amore perché l’amore non si può spiegare e i sapienti hanno troppa paura di ciò che non riescono a spiegarsi.
Serve un cuore piccolo per vivere l’amore. E un cuore piccolo non è altro che un cuore colmo di rivelazioni, un cuore traboccante di stupore che scaturisce dagli eventi della vita.
Dobbiamo imparare l’arte di abitare una vita capace di sostenere (senza enfasi) l’esuberanza dello stupore altrimenti il cuore si gonfia di dolore, si dilata di abitudini e così ci sfugge di mano, cade e si spezza.
Dobbiamo avere un cuore piccolo capace di accogliere parole calme, lente. La rivelazione, cioè il manifestarsi dell’amore nella nostra vita, non regge la frenesia e si nutre di tanta autoironia. Il piccolo non sopporta di esser preso troppo sul serio. Quanti musi lunghi nelle nostre comunità parrocchiali, nei nostri presbiteri. Quanti musoni. Quanta tristezza. Non siamo più capaci di manifestare l’amore nelle nostre relazioni, nel nostro vivere insieme, nel nostro condividere la fede.
Carissimi fratelli e sorelle, una vita piccola non è una vita dimessa. Il piccolo è colui che non spiega le cose della vita ma che si lascia spiegare dalla vita: come si spiega una tovaglia per accogliere degli amici, un lenzuolo ad asciugare al vento, le ali di un’aquila per il volo, una lettera appena fuori dalla busta.
La vita non è dei dotti e dei sapienti ma di chi, semplicemente, la condivide.
“Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro… il mio giogo è dolce e il mio peso leggero”
La vita in qualche modo bisogna spingerla fino in fondo, un giogo serve, siamo onesti.
Cos’è la fede se non un scoprire che c’è un modo per portare i pesi, i dolori, perfino il dramma. E non con sacrificio o con perseveranza. Ma con dolcezza. Il giogo non è giusto, è dolce. E di dolcezza si può gioire e piangere, con dolcezza si può accarezzare la vita e provare a non tagliarsi le dita. Dolcezza è bere fino in fondo il calice con mitezza, sottovoce.
E il peso sarà leggero. Ma peso sarà.
Un cuore piccolo sa bene che, per fortuna, ogni cosa ha il suo peso, e che è proprio il peso a sottrarre ogni realtà dall’inconsistenza.
Il giogo non può essere mai giusto, ma dolce. E la dolcezza si manifesta attraverso la condivisione, la compassione, la consolazione e il perdono.
Affrontare la vita, anche quando ci mostra il suo volto più duro, più pesante, più cupo senza depressione, scoraggiamento, sfinimento.
“e troverete ristoro per la vostra vita”.
Abbiamo bisogno di riposo, non un nuovo catechismo, non di nuove regole, ma del conforto del vivere.
Abbiamo bisogno di due mani su cui appoggiare la vita stanca e riprendere il fiato del coraggio.
Abbiamo bisogno non più di un dito accusatore puntato contro di noi, ma di due braccia aperte. Vi prego ritorniamo a parlare la lingua dell’amore, della fraternità, della ferialità, della tenerezza.
Dio ha mandato suo Figlio a rendere leggera e fresca la religione, a toglierci di dosso i pesi e a darci le ali di una fede che libera. È la fede che libera non è altro che una fede che sa abbracciare, che sa accarezzare, che sa accogliere. Non siamo più capaci di gesti semplici e feriali, i quali sono capaci di rivelare l’amore.
«Imparate da me, che sono mite e umile di cuore».
Impariamo dal cuore del Signore. Cristo si impara imparandone il cuore, cioè il modo di amare. Il maestro è il cuore.
La pace si impara. La pienezza della vita si impara. A vivere si impara, imparando il cuore di Dio.
Impariamo dal suo modo di amare: umile, senza arroganza, mite, senza violenza.
Impariamo ad essere piccoli per essere grandi nella fede.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Come vivo la fede?
Che significa, per te, crescere per farsi piccolo?
PREGHIERA
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
Sal 144