Sacerdote camilliano
Il messinese Giovanni Battista Marapodio entrò nell’Ordine di S. Camillo che era giovanissimo. Consacrato sacerdote, esercitò il suo ministero negli ospedali di Napoli e di Genova, fino ad essere inviato nel piacentino, a Borgonovo Val Tidone. Il borgo, fondato nel 1196 dalla Città di Piacenza, aveva un castello ed era fortificato da mura, con due porte di accesso, e da un fossato. Padre Marapodio fu nominato superiore della comunità camilliana. Nel 1630 scoppiò la terribile pestilenza di manzoniana memoria durante la quale, in quelle vallate, trovarono la morte circa cinquemila persone. Nella vicina Sarmato, tre secoli prima, nel 1323, durante il suo pellegrinaggio verso Roma, colpito dal morbo, si era fermato il grande taumaturgo S. Rocco. Il servo di Dio Giovanni Battista, insieme ai confratelli, assistette eroicamente la popolazione; alcuni religiosi rimasero, essi stessi, vittima del terribile contagio. Padre Marapodio con saggezza si adoperò per tutti fino a quando venne anch’egli colpito dal morbo che lo ridusse in fin di vita. Non essendoci alcun sacerdote che potesse dargli Gesù Eucaristia, si recò in chiesa, ormai moribondo, davanti al tabernacolo. Inginocchiatosi, consumò tutte le particole e rapito in estasi morì. Era il 10 settembre 1630. In quella posizione fu trovato dai confratelli che tornavano dal proprio servizio agli appestati. Il fatto prodigioso restò nella memoria nel paese e nella congregazione camilliana, esempio di servizio al prossimo e d’amore al SS. Sacramento.