Spesso si sente dire, che chi sceglie la vita consacrata è una persona che è stata delusa dalla vita e quindi si rifugia in convento. Ma sarà proprio così? No! Una giovane che decide di donare la vita a Gesù e ai fratelli non è una sfigata, ma un’innamorata! E quando una persona è innamorata, fa scelte anche un po’ pazze. Per esempio, lascia la famiglia, il lavoro e le persone che ama, per entrare in convento e andare a vivere con persone che neanche conosce. È proprio una scelta folle! una cosa fuori dal mondo.
Alcuni pensano che la vita consacrata (specialmente le suore di clausura) sia una vita sprecata. Ma allora c’è da chiedersi; cosa spinge una giovane a fare questa pazzia? Un fallimento, una delusione? No! Ciò che fa muovere è l’amore con la A maiuscola. È il sentirsi profondamente amati da un Dio folle e innamorato di ogni suo figlio. Quando una persona fa esperienza di Dio, della sua tenerezza, del suo sguardo d’amore che non ti giudica, ma ti dice. “Ti amo così per quella che sei, io ti ho creato, e tu sei preziosa, fidati di Me, e sarai veramente felice!” Quando una persona sperimenta questo amore, tutto cambia nella sua vita, e piano piano Gesù inizia a far luce nel buio delle sue tenebre, e nasce il desiderio di pregare e di ascoltare la Parola di Dio, fino a che Lui conquista tutto il suo cuore. Le cose che prima considerava essenziali, i quali non poteva mai farne a meno diventano secondari, perché l’amore di Gesù riempie tutto il suo cuore, e sperimenta una gioia mai provata prima. Piano piano nasce il desiderio di rinunciare a tutto per vivere pienamente una vita con Lui.
Ma cosa vuol dire rinunciare a tutto? C’è da chiedersi; Gesù quando chiama una giovane a consacrarsi a Lui, le impone davvero di rinunciare? Nella logica del mondo che mette al centro l’individuo e il suo benessere, i voti religiosi, sono davvero una vita di rinuncia. Nell’obbedienza rinunci alla tua libertà. Nella povertà rinunci a tutte le ricchezze che il mondo ti potrebbe dare, e nella castità rinunci alla tua maternità o paternità. San Paolo nella lettera ai Romani ci dice “Fratelli non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” (Rm 12,2)
I voti non sono una rinuncia, ma un cammino verso la vera libertà e una piena realizzazione di sé stessi; perché ci liberano dal nostro egoismo e ci aprono al dono e alla gioia. La povertà ci fa mettere al centro l’essenziale che è l’amore e le relazioni e non le cose materiali. Essa ti fa accogliere a valorizzare le piccole cose, un sorriso, un abbraccio, un tramonto, una canzone che ti piace cantata a squarciagola, e in quei piccoli e semplici gesti sperimenti la provvidenza di Dio che non abbandona mai. L’obbedienza ci aiuta a passare dall’io al noi. Quante volte le nostre relazioni si rompono perché caparbiamente vogliamo affermare solo la nostra idea e il nostro progetto. Vivere l’obbedienza ci insegna a pensare insieme; ad iniziare un dialogo e una condivisione fraterna, dove nessuno vuole prevalere, ma tutti vogliono arrivare ad un’idea comune e vera. La castità non ti fa diventare “zittella” ma ti apre alla fecondità verso ogni persona che incontri, perché madre non è solo chi genera un figlio, ma la maternità si vive nel prendersi cura del nostro prossimo, e si realizza in piccoli gesti; nel lavare un ammalato, nell’imboccare un bambino disabile. Nei gesti di cura fatti con amore il cuore si riempie di gioia, e sperimenti che quando ti doni con amore, Gesù riempie il tuo cuore di vera felicità.
La vita consacrata non è una vita sterile, ma feconda; in cui c’è impegno e alcune volte si sperimenta la fatica, lo scoraggiamento. Anche noi suore siamo persone umane con i nostri limiti e difetti, ma abbiamo fatto esperienza che Gesù ama la nostra umanità. Lui il figlio di Dio si è fatto uomo, si è incarnato nella nostra umanità perché la vuole redimere e salvare. Il nostro rapporto con Lui nei sacramenti e nell’ascolto della sua Parola ci dà la forza ogni giorno per essere migliori, e di seguire le sue orme divenendo sempre di più “Cristiformi”, testimoniando a tutti il suo amore misericordioso e la sua tenerezza verso ogni uomo.
La profezia della vita consacrata e la sua fecondità oggi, in questo mondo segnato dalla pandemia è la testimonianza della gioia, perché la vita con Gesù è gioia. Ma come si fa ad essere felici oggi? Il vero segreto è lasciarci amare, cioè solo se accolgo l’amore di Dio dentro di me e lo lascio entrare nelle mie ferite più profonde, senza paura di essere giudicata, e mi presento a Lui senza maschere e senza falsità, sicura che mi guarda con amore e tenerezza; come un figlio amato dal Padre mi abbraccia e mi consola, guarendomi con la sua misericordia. Solo se sperimentiamo questo abbraccio possiamo avere il coraggio di andare verso nostro fratello e amarlo come mi sento amata io da Dio. Il segreto della fecondità della vita consacrata non nasce dai nostri sforzi e dal nostro volontarismo, ma dall’amore che Dio riversa nei nostri cuori. È come un recipiente pieno d’acqua che trabocca e bagna tutto ciò che sta intorno. A noi sta il compito di accogliere questo amore dentro di noi, con una preghiera costante e confidente e poi portarlo ai nostri fratelli e sorelle che incontriamo sul nostro cammino, con gesti concreti di carità.
Guardiamo ai santi, che non sono super eroi, ma sono persone che si sono lasciate amare da Dio e lo hanno testimoniato anche con il rischio della vita. La Beata Maria Domenica Brun Barbantini, fondatrice delle suore Ministre degli Infermi di San Camillo, alla morte del suo amato marito, in un dolore infinito, non ha chiuso il rapporto con Dio, ma lo ha fatto entrare nella sua ferita, consapevole che l’amore di Dio l’avrebbe aiutata a superare quel drammatico momento. Lei ha iniziato a pregare di più e a lasciarsi confortare da quel Dio infinitamente buono, e ha sentito dentro di sé il desiderio di consacrarsi a Lui, e così in un graduale cammino di conversione Maria Domenica Barbantini è riuscita a cambiare il suo dolore in amore. Il suo cuore è stato riempito dall’amore di Dio in una preghiera umile, costante e fiduciosa ed è diventato fecondo, cioè lei lo ha riversato sulle persone povere e abbandonate della città, con atti di generosa carità. Si prendeva cura delle persone malate come una tenera madre, perché diceva che nei sofferenti lei curava un “Dio umanato” e lo faceva con una dolcezza infinita, perché voleva corrispondere a tanto amore che Dio gli donava.
Lasciamoci amare, permettiamo a Dio di entrare nel nostro cuore e di cambiarlo, solo così la nostra vita sarà una vita feconda e la nostra gioia contagerà ogni persona che incontreremo. Lasciamoci amare!
Suor Caterina Belluomini
Suora Ministra degli Infermi