Vuoi affittare una stanza della tua prima casa? Ecco come farlo senza perdere le agevolazioni fiscali

Affittare una stanza della prima casa è una soluzione che molti proprietari valutano per ottimizzare i costi di gestione e ottenere un reddito aggiuntivo senza rinunciare ai benefici fiscali concessi al momento dell’acquisto. Tuttavia, è fondamentale non commettere errori che possano compromettere tali agevolazioni. Un approccio attento, informato e conforme alla normativa permette di affittare una parte dell’immobile mantenendo i diritti derivanti dal suo utilizzo come abitazione principale.

Normativa e condizioni essenziali per mantenere i benefici

Il cuore della questione ruota attorno a due precisi requisiti che la legge italiana impone al fine di mantenere le agevolazioni fiscali legate alla prima casa:

  • Residenza anagrafica: il proprietario deve mantenere la propria residenza nell’immobile oggetto di agevolazione.
  • Uso come abitazione principale: l’immobile deve continuare a essere utilizzato principalmente dal proprietario come dimora abituale e non semplicemente come investimento da locare a terzi.

Questi principi sono stati chiariti dalla Circolare n. 1/1994 dell’Agenzia delle Entrate e confermati da pronunce della giurisprudenza, tra cui la recente sentenza n. 6332/2024 della Cassazione. L’affitto parziale, e in particolare la locazione di una o più stanze, non comporta la decadenza dalle agevolazioni fintanto che il proprietario mantiene residenza anagrafica e dimora abituale nella casa stessa.

Impatto sull’esenzione IMU e sugli altri vantaggi

L’IMU rappresenta una delle imposte più temute dai proprietari d’immobili, ma per la prima casa utilizzata come dimora principale è prevista l’esenzione totale, fatta eccezione per categorie catastali di lusso. Anche se si concede in affitto una “quota” dell’immobile (come una stanza), il diritto all’esenzione rimane intatto, purché il proprietario continui a risiedere e abitare nella casa.

Oltre all’IMU, le agevolazioni più comuni della prima casa che si possono mantenere sono:

  • Imposta di registro ridotta al 2% per l’acquisto da privato;
  • IVA agevolata al 4% su acquisti da impresa;
  • Detrazione degli interessi passivi del mutuo sulla dichiarazione dei redditi;
  • Esenzione dalla TASI (dove ancora applicata).

In nessun caso la legge impone la perdita automatica di questi benefici per la semplice locazione di una stanza, a patto che non sia mutata la destinazione d’uso e la presenza effettiva del proprietario nell’immobile. Discorso diverso vale qualora vi sia il trasferimento di tutta la proprietà o la completa concessione in locazione a terzi senza più alcuna coabitazione.

Procedura e accortezze per un affitto regolare

Per affittare legalmente una stanza all’interno della propria prima casa, è necessario stipulare un contratto di locazione registrato, scegliendo la formula più adatta tra quelle disponibili:

  • Contratto a canone libero;
  • Contratto transitorio, tipicamente per studenti o lavoratori fuori sede;
  • Contratto in regime di cedolare secca, che consente l’applicazione di una tassazione sostitutiva agevolata, a prescindere dal reddito complessivo del proprietario.

Ai fini della regolarità fiscale è indispensabile:

  • Registrare il contratto presso l’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla stipula;
  • Indicare correttamente solo l’unità affittata (ad esempio: “stanza n. 2 di 12 mq con bagno condiviso”);
  • Mantenere la residenza nell’abitazione, ed evitare qualsiasi variazione catastale che possa far emergere una divisione in più unità immobiliari autonome;
  • Richiedere al nuovo inquilino il rispetto della convivenza e delle regole di buon vicinato, con eventuale comunicazione all’anagrafe per la semplice “OSPITALITÀ” qualora l’affitto sia breve.

Domande frequenti e possibili errori da evitare

Si rischia la decadenza immediata dalle agevolazioni?

No, la semplice locazione di una stanza non comporta la decadenza dai benefici, sempre che si continui ad abitare l’immobile come prima casa e non si ceda la residenza a terzi o si cambi la destinazione d’uso.

Se l’inquilino prende la residenza nella stanza affittata la situazione cambia?

No, perché ciò che conta è che il proprietario mantenga la propria residenza anagrafica e l’abitazione principale nell’immobile. La residenza dell’inquilino non determina la perdita automatica delle agevolazioni, purché non vi siano mutamenti “sostanziali” nella titolarità o nella destinazione d’uso dell’abitazione.

È possibile affittare solo temporaneamente e con contratti di breve durata?

Sì, si possono stipulare anche contratti brevi purché siano regolari e registrati. Tali soluzioni spesso sono adottate da chi ospita studenti fuori sede o lavoratori stagionali.

Quali sono gli errori più comuni che portano alla perdita delle agevolazioni?

  • Trasferire la residenza fuori dall’immobile prima del termine di almeno cinque anni dall’acquisto (salvo alcune eccezioni di trasferimento nello stesso comune);
  • Locare l’intero immobile e trasferirsi altrove, lasciando la casa completamente ad altri senza alcun legame abitativo diretto;
  • Modificare catastalmente la suddivisione interna, creando distinte unità abitative autonome.

Per una panoramica completa sulla disciplina degli immobili destinati ad abitazione principale e sulle rispettive imposte, si può fare riferimento alla voce prima casa di Wikipedia.

In sintesi, rispettando la normativa sulla prima casa e osservando scrupolosamente i requisiti di residenza e di utilizzo prevalente personale, è assolutamente possibile affittare una stanza ottenendo così un introito sicuro senza rischiare di perdere le agevolazioni fiscali legate all’acquisto. Essere informati, adottare contratti regolari e non modificare la destinazione d’uso dell’immobile costituiscono le migliori garanzie per tutelare i diritti e ottimizzare il valore del proprio bene immobiliare.

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