UN GIOVANE COME TANTI ALTRI!
“Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.” (Mt 9, 9)
Ciao!, sono padre Basil Darker Gaete, sono cileno e ho 38 anni.
Quando penso alla mia storia vocazionale, mi viene subito in mente l’episodio della vocazione di Matteo: il pubblicano è lì, nel bel mezzo della sua vita quotidiana, dietro al banco delle imposte, il maestro di Nazareth passa e incrocia la sua strada, un incrocio di sguardi e, conoscendone le luci e le ombre, lo chiama a seguirlo. Matteo, senza pensarci troppo, si alza e lo segue. Forse la mia risposta a Gesù non è stata rapida come quella di Matteo, ma è pur vero che nella mia prestazione professionale, in quella vita quotidiana, quello che era cresciuto dalla mia adolescenza ha maturato in pienezza.
Ero un ragazzo normale, di famiglia cattolica, il primo di 3 fratelli, che ha partecipato attivamente alla sua parrocchia, come ministrante, poi catechista e membro della pastorale giovanile. In mezzo a questo ambiente, accompagnato dai frati cappuccini della mia parrocchia, ho cominciato a chiedermi, visto che mi piaceva tanto la vita pastorale, se il Signore parlava anche alla mia vita di giovane. Nel frattempo, avevo avuto delle esperienze di discernimento. Ero appassionato dalla scienza, dallo studio e dal servizio a chi soffre. Così dopo il liceo sono riuscito ad intraprendere gli studi in medicina. Durante i sette anni di formazione professionale, insieme a tutta la vita abituale di uno studente universitario, c’era sempre una melodia di sottofondo, che a volte diventava impercettibile, ma altre volte suonava come un’orchestra completa in allegria: il desiderio di servire il Signore in modo più radicale. Per questo, dopo il conseguimento della laurea, ho desiderato mettere da parte la carriera professionale e dedicarmi seriamente e concretamente all’opzione della vita consacrata, con l’aiuto del mio padre spirituale.
Ho lavorato come medico di famiglia nel servizio sanitario pubblico e privato, ed è stato lì, in contatto con i miei pazienti, che il Signore mi ha guardato dall’altra parte della scrivania e ha parlato al mio cuore. I miei pazienti hanno permesso alla mia vocazione di assumere un volto concreto; Dio mi ha permesso di percepire il suo sguardo presente negli occhi dei malati. Ho fatto esperienza di Cristo nella sofferenza di questi fratelli, che tante volte non avevano bisogno di un farmaco, ma…. Quante storie spezzate! Quanta mancanza di affetto! Quanta solitudine e quanta disperazione! Quanti sete di ascolto!
Questa esperienza professionale mi ha mostrato anche realtà spesso molto distanti da me, ma importanti per capire e servire al meglio. Ma non mi bastava, come aiutare meglio i fratelli? Come aiutare davvero? … E Gesù mi sussurrava: “come Matteo, come Pietro, Andrea e tanti altri: Seguimi”.
Sentivo che non potevo stare seduto pigramente. Dio mi aveva dato così tanti doni, così tante opportunità, che non dovevano essere tenuti in una cassa. Poi, sul computer, davanti al motore di ricerca di internet, mi è venuta in mente questa domanda: come potrebbe non esserci nella nostra Chiesa, così ricca di doni e carismi, una Congregazione dedita al servizio degli ammalati? E senza pensarci molto, lo ricordo ancora, scrivo: “Congregazione religiosa maschile che serve gli ammalati”. E la prima risposta del motore di ricerca è stata: “Camilliani”, un Ordine che non conoscevo. “E saranno in Cile?” E sì, lo erano. Io non ci potevo credere. Ho subito cercato i dati dei camilliani in Cile, ho contattato il responsabile vocazionale e così ho iniziato un percorso totalmente nuovo, in un ambiente per me sconosciuto, ma questo, poco a poco mi ha fatto entrare in sintonia con la spiritualità camilliana, soprattutto per quanto riguarda il farsi prossimo alla persona in modo globale, considerando lo spirito e il corpo, la vita completa toccata da Cristo Salvatore.
Nel marzo 2012 sono entrato ufficialmente in formazione, periodo in cui con il prezioso aiuto dei confratelli presenti in Cile e accompagnato dalla presenza amorevole di Dio, ho potuto avanzare nel discernimento della mia vocazione cristiana, identificandomi molto con il carisma della carità e della misericordia, tracciata da San Camillo de Lellis, attraverso uno stile di vita consacrata al Signore e alla sua Chiesa. Questo processo si sviluppa attraverso la preghiera personale e comunitaria, la partecipazione quotidiana all’Eucaristia, il lavoro pastorale in ospedale e in parrocchia, l’esperienza della vita religiosa comunitaria, la conoscenza del lavoro del nostro Ordine nel mondo e dall’esperienza degli studi necessari per donarmi generosamente a Cristo per la sua gloria e per il bene della sua Chiesa, specialmente nei suoi membri sofferenti. Tutto questo non è sempre facile e dolce, ma è Lui che chiama e ti dona la sua mano per procedere nella stracda che avevo intrapreso.
Attualmente continuo a camminare in questa sfida, a coniugare il mio essere religioso con la mia professione: come camilliano e sacerdote di Gesù Cristo, per essere un medico dell’anima, ma anche un medico del corpo, curando principalmente anziani e malati di ogni tipo nel nostro territorio parrocchiale e nelle case di cura, chiedendo sempre allo Spirito di permettermi di esercitare il mio ministero con “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2, 5), comunicando con gesti e parole: “Sono qui affinché tu sappia che Dio è con te e ti ama, soprattutto ora che soffri e ti fanno pensare che non vali, sei anche tu un capolavoro”.
Infine, questo è il progetto che sto portando avanti oggi, ma sono sempre attento a ciò che il Signore mi chiede. Un giorno potrebbe dire: “Non fare più il medico, vai a fare altro”, in quel chiedi, lo farò sempre da camilliano, che è sempre la mia prima vocazione.