LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Marco 6,1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20240707.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. Perché non è facile accettare che un “falegname” qualunque, un “operaio” senza studi e senza cultura, pretenda di parlare da profeta, con una profezia quotidiana, che si muove per botteghe e villaggi, fuori dal magistero ufficiale, che circola attraverso canali nuovi e impropri.
Si, carissimi amici, scandalizza l’umanità di Dio, la sua prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna, entra dentro l’ordinarietà di ogni vita, abbraccia l’imperfezione del mondo, consola le mie ferite, che per noi non è sempre comprensibile, ma per Dio sempre abbracciabile.
Carissimi amici, siamo ormai abituati, la gente passa in fretta dalla fascinazione alla diffidenza e al rifiuto. Invece, siamo chiamati a “rintracciare” Dio nella quotidianità della nostra vita e dei nostri rapporti. Lo Spirito di profezia viene nel quotidiano, scende nella mia casa e nella casa del mio vicino, entra là dove la vita celebra la sua mite e solenne liturgia, la trasfigura da dentro. Fede vera è vedere l’istante che si apre sull’eterno e l’eterno che si insinua nell’istante.
Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scandalizza? Non scandalizza un bravo oratore o predicatore, un altruista o un tuttofare del sacro. Scandalizza l’umanità, la prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l’ordinarietà della vita. Gesù cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora, sa riconoscere il legno al profumo e al tatto.
Heidewick di Anversa, una mistica e poetessa fiamminga, scrive: «Ho capito che questa è la compiuta fierezza dell’amore: non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua umanità».
Riscopriamo ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cerchiamo tutte le molecole di umanità di Gesù: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino. Il suo modo di avere paura, il suo modo di avere coraggio e come piangeva e come gridava, e la sua carne bambina e poi la sua carne piagata, e poi il suo amore per il profumo di nardo a Betania, la casa degli amici.
Amiamo l’umanità di Gesù, perché il Vangelo rivela proprio questo: che il divino è rivelato dall’umano, che Dio ha il volto di un uomo, dell’uomo che incontriamo nella nostra quotidianità.
Marco, nelle ultime battute del brano, annota: Non vi poté operare nessun prodigio; ma subito si corregge: Solo impose le mani a pochi malati e li guarì. Il Dio rifiutato si fa ancora guarigione, anche di pochi, anche di uno solo. L’amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo. L’amore non è stanco: è solo stupito. Così è il nostro Dio: non nutre mai rancori, lui profuma di vita.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Dio è presente nella mia umanità e nell’umanità dei nostri rapporti?
La nostra quotidianità ha il sapore del cielo?
PREGHIERA
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.
Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.
Sal 122