LEGGO IL TESTO
Dal vangelo secondo Luca 18,1-8
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Liturgia della Parola: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20221023.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Questa parabola non serve a nulla. È la prima reazione che possiamo avere alla lettura del testo. I due protagonisti sono così grezzi da non essere credibili. Sono caricature, parodie del paradigma del santo, caricature dell’immaginario del peccatore, sono personaggi e non persone, sono maschere.
Il primo è perfetto, così perfetto nella sua ricerca di religiosità senza sbavature che esagera e risulta essere non credibile.
Anche il peccatore esagera, anche nella conversione, non ci sono sfumature. Sono due ruoli interpretati alla perfezione.
E infatti la parabola non funziona. Non riusciamo a identificarci in nessuno dei due personaggi e se non ti identifichi non puoi rimanere impigliato nella logica delle parabole e quindi, semplicemente, la parabola non serve a nulla.
Risulta essere solo un racconto edificante. Puoi essere il più santo del mondo ma se odi gli altri e sei presuntuoso sei il peggiore di tutti. Puoi essere il peccatore incallito ma se ti penti puoi diventare meglio di un santo. Tutto qui?
Una cosa la possiamo fare leggendo e meditando questa pagina: possiamo tentare di interpretare i gesti dei due personaggi, possiamo giocare con le parole, possiamo fare tutto quello che vogliamo ma la morale rimane questa e non ci sconvolge più di tanto, lo sapevamo già. Vien voglia di girare pagina e continuare la lettura.
Desidero soffermare la nostra attenzione sul significato dell’introduzione della parabola che specifica essere raccontata per “alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”.
Il Vangelo non dice di andare ad indagare i due personaggi della parabola… dice invece di interrogarsi su se stessi e sulle intime presunzioni di giudizio.
Non è il fariseo ad essere presuntuoso, e nemmeno il peccatore che spera di estorcere il perdono, sono io che leggo il presuntuoso.
Gesù non sta raccontando una parabola, Gesù mi sta interrogando, mi affida un compito, un esercizio per misurare la mia attitudine all’umiltà. “Chi si umilia sarà esaltato”.
I due uomini salgono a pregare, il primo è un fariseo ipocrita, chiuso in se stesso, non vede altro che il suo tentativo di perfezionismo, e disprezza pure gli altri. Non serviva Gesù a dirci che questo non è esempio da seguire. Infatti il compito è altro: provare a cercare di scendere con sguardo intimamente umile, prendendo ad esempio lo sguardo del Padre che tende alla giustificazione e non alla condanna “(il pubblicano) tornò a casa sua giustificato”. Umiltà e desiderio di giustificazione.
Allora, guardiamo i due uomini e proviamo chiedere al primo: “ma tu sei felice?”. Cosa ti importa degli altri, cosa ti importa se hai fratelli che vivono in modo diverso da te? Tu sei felice nel tuo modo di vivere?
L’esercizio è mio: provare a chiedermi se intimamente sento compassione per quest’uomo che non riesce a liberarsi dal confronto e dal dubbio atroce che Dio sia un padrone esigente. L’esercizio è mio, provare, davanti ai farisei di ogni tempo, davanti ai tanti tradizionalisti che fanno perdere la pazienza, davanti a chi prega e ragiona e vive la fede in un modo diverso dal mio, davanti a chi non mi capisce e mi accusa… davanti ai loro volti riesco ad essere umile?
E il secondo uomo guardiamolo con umiltà. Guardiamolo come si guarda un figlio. Evitare di usarlo come si usano gli esempi, non trasformarlo in “caso esemplare”, non trattarlo da convertito. Non esaltarlo in nome della sua scelta. Ma amarlo sinceramente e provare ad andargli incontro, provare a riempire con la compassione quella distanza che lui ha posto tra sé e il divino, tra sé e sé. Provare a correre incontro, come farebbe il padre misericordioso, provare ad abbracciare e a sollevargli lo sguardo.
Questa parabola è inutile fino a quando non comprendiamo che è un appello rivolto al lettore: diventa tu il terzo, fai irruzione nella parabola, fai funzionare la parabola, diventa tu lo sguardo che sorprende!
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Di quale grande colpa oggi posso ritenermi responsabile?
Da cosa mi sento assolto, quando rivolgo il mio sguardo al Signore?
Sento la pietà del Signore accogliermi con misericordia così come sono?
PREGHIERA
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
Salmo 33