LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Luca 23,44-54
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
“Parlare del sabato santo può sembrare a prima vista paradossale. Come potremmo infatti parlare di questo momento silenzioso, di questa durata senza contenuto particolare, di questo tempo che sembra essere, nel senso più letterale del termine, un tempo morto? Ci sono in esso un arresto, un’assenza, un ritiro che sembrano imporre il silenzio” (D. Cerbelaud, Silenzio di Dio e il Sabato santo, Magnano 1999, p. 19). Del resto, anche il racconto evangelico passa dalla deposizione nella tomba il venerdì sera alla visita delle donne la domenica mattina. In mezzo c’è un giorno “vuoto”.
La liturgia ha privilegiato il giovedì, il venerdì santo e la veglia di pasqua. Il sabato non ci sono grandi celebrazioni. Forse possiamo accostare questo sabato a un altro sabato, quello di Gen 2,2: “E Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto, e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”. Il settimo giorno non è soltanto un giorno di riposo, ma anche quello in cui Dio porta a termine il suo lavoro; anche il riposo di Gesù nella tomba è conclusione di un lavoro, compimento di ciò che aveva fatto su questa terra. Questa è la conclusione del suo lavoro prima della sua resurrezione: Gesù porta il vangelo anche negli inferi.
In questo tempo di silenzio tante domande salgono al cuore dei discepoli di ieri e di oggi.
Il sabato santo è un’immagine dei nostri dubbi, della nostra notte, ma contemporaneamente è tempo di attesa e di speranza, tempo in cui cantare la misericordia del Signore anche negli inferi. L’immagine che i discepoli si erano fatti di Dio doveva essere distrutta, infranta davanti alla croce e a un sepolcro vuoto; le nostre immagini di Dio, le nostre attese devono essere purificate.
Il sabato è il giorno in cui le nostre immagini di Dio si spezzano contro la pietra del sepolcro, ma è anche giorno in cui ravvivare la nostra speranza. Il Signore è sceso negli inferi, anche nei nostri inferi. Anche là possiamo cantare la sua misericordia.
Ecco su che cosa possiamo sempre contare: la misericordia del Signore, la sua compassione, il suo amore, vorrei dire il suo affetto speciale per ciascuno di noi che non viene mai meno.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
In questa giornata gustiamo la bellezza del silenzio.
PREGHIERA
Signore Gesù,
noi ti rendiamo grazie
perché hai preso su di te i dolori di ogni tempo
e di ogni uomo.
Il tuo volto, le tue mani e i tuoi piedi,
il tuo costato e tutto il tuo corpo
sono per noi fonte di speranza,
perché l’Amore è penetrato nel buio estremo del male e del dolore.
Donaci la luce della fede,
donaci la forza dell’amore,
concedici di ascoltare la tua voce
che ci chiama a testimoniare nel mondo la vittoria sul peccato e sulla morte.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.