LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Il vangelo di questa V domenica di Pasqua ci fa respirare a pieni polmoni. Rimanere in Dio nella libertà. Un Padre che ci ama lasciandoci liberi. Dopo essersi manifestato come il “pastore modello” (buon pastore), domenica scorsa, oggi Gesù si rivela come la vera vite. Cristo vite, io tralcio: io e lui siamo la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa, ma nella libertà. Dio è in me, non come un padrone, il padrone produce schiavi, ma come linfa vitale e la linfa produce figli liberi. “Io sono la vite, voi i tralci”. Siamo davanti ad una affermazione inedita, mai udita prima nelle Scritture: le creature (i tralci) sono parte del Creatore (la vite). Cosa è venuto a portare Gesù nel mondo? Forse una morale più nobile oppure il perdono dei peccati? Troppo poco; è venuto a portare molto di più, a portare se stesso, la sua vita in noi, il cromosoma divino dentro il nostro DNA. E se il tralcio per vivere deve rimanere innestato alla vite, succede che anche la vite vive dei propri tralci, senza di essi non c’è frutto, né scopo, né storia. Senza di noi, suoi figli, Dio sarebbe padre di nessuno. Ecco, la bellezza della libertà. Essere innestato alla vite per vivere. Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte? E chi perde la libertà muore e il tralcio secco va potato affinché la pianta porti frutto, un frutto abbondante. Il frutto è ciò che ogni persona produce, se si lascia alimentare da Gesù. Quindi l’amore viene comunicato al tralcio e poi chiede di trasformarsi in “frutto”, cioè in amore per gli altri. Dove avviene questa comunicazione da Gesù a noi(tralcio)? Nell’eucarestia, nell’incontro con la sua Parola, nell’ascoltare la sua Parola, nell’essere obbedienti alla sua Parola, nel vivere la sua vita. Nell’eucarestia o nella Parola: si accoglie Gesù, il Pane della Vita, lo si mangia, lo si riceve, lo si ascolta, si percepisce tutto il suo amore, per diventare poi pane, amore, per gli altri.
Cosa succede? Succede che vi possono essere delle persone che vanno all’eucarestia, che incontrano la sua Parola, che si considerano cristiani, ma non si lasciano alimentare da Gesù, cioè mangiano il pane ma non diventano, a loro volta, pane. “Ogni tralcio che in me non porta frutto viene potato”. Sono le persone che vanno all’eucarestia, sono le persone che ascoltano la sua Parola, sono le persone che si dichiarano cristiani, ma poi non cambiano mai, rimangono sempre le stesse, rimangono fisse nelle loro rigidità, nei loro giudizi, nelle loro paure, nelle loro chiusure. Si alimentano di pane, ma non di vita. Ricevere e dare sono i due movimenti essenziali della vita. Così avviene per il respiro, così avviene per il sangue, così avviene per il dono della vita (nascita), così deve avvenire come stile di vita. Ricevo (passione, informazioni, amore, perdono, aiuto, sostegno, compassione) e do (passione, informazioni, amore, perdono, aiuto, sostegno, compassione). Quindi l’unica preoccupazione del tralcio, cioè nostra, è portare frutto, cioè comunicare vita.
C’erano due cisterne a distanza di qualche decina di metri. Erano molto diverse. Ogni tanto si parlavano. La prima cisterna era perfetta, a tenuta stagna. Non una goccia d’acqua era mai stata persa per causa sua. La prima fiera e superba della sua perfezione, si stagliava nettamente. Solo qualche raro insetto le si avvicinava. La seconda invece presentava fenditure, come delle ferite, dalla quali sfuggivano gocce d’acqua. Era coperta di arbusti fioriti e more che si dissetavano all’acqua che usciva dalle sue screpolature. Piccoli animaletti venivano a bere e gli uccelli facevano il nido sui bordi. Non era per niente perfetta, anzi piena di ferite, ma si sentiva tanto felice e viva!
Ogni ferita porta in sé un grande dono. Ogni potatura porta in sé una grande possibilità di vita. Le potature sono delle ferite dalle quali trasuda la vita. Il tralcio non si taglia, si pota, cioè si migliora. Potare la vite non significa amputare, bensì togliere il superfluo e dare forza; ha lo scopo di eliminare il vecchio e far nascere il nuovo. Qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Le nostre ferite sono un dono per la nostra vita. Dono di libertà. Così il nostro Dio contadino ci lavora, con un solo obiettivo: far fiorire tutto ciò che di più bello e promettente pulsa in me. Le ferite ci fanno guastare meglio la vita. Allora, rimaniamo nel suo amore. Non è difficile. Non è qualcosa che devo conquistare. Siamo già nel suo amore! Dobbiamo solo aprirci. C’è un amore che scorre già in noi, che ci ha raggiunto, ci avvolge, bussa alla porta, penetra, e non verrà mai meno, una sorgente a cui possiamo sempre attingere. Il nostro compito è mantenere aperto e libero il canale. Essere uomini e donne fecondi. Il tralcio se è legato alla vite naturalmente dà uva. Il ramo se è legato all’albero naturalmente dà frutto. L’uomo se è legato a Dio è felice e dona felicità. Rimaniamo connessi con ciò che è vitale, con la linfa! Il resto è mortale e fa morire.
L’aquilone ha bisogno di un filo per volare.
Anche noi abbiamo bisogno di un legame
per essere liberi e vitali.
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Ti senti innestato in Dio?
Sei pronto ad operare potature nella tua vita per portare molto frutto?
PREGHIERA
Ho bisogno di te, di te piccolo tralcio,
ho bisogno che tu mi accolga e che tu fiorisca,
ho bisogno anche di un grappolo solo
ma che sia pieno di sole e di bontà,
ho bisogno di te, piccolo tralcio,
piantato come un giardino amato
nel cuore della terra perché di un vino migliore
anche tu possa dissetare l’arsura del mondo e l’arsura di Dio.
Amen.