LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20240421.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
In questa domenica, quarta di pasqua, chiamata del Buon Pastore, desidero soffermare la nostra attenzione su due riflessioni: il pastore bello o buono e l’essere chiamati.
Il pastore è buono oppure, come traducono in tanti, è bello? Penso che è opportuno smettere di far credere che il vangelo sia un manuale di bontà. Bontà e bellezza sono due parole che mi stancano, che in questo periodo li reputo vuote o meglio, a pensar bene, sono vuote. Dovremmo credere in Cristo perché lui era buono e quindi diventare più buoni? O perché è bello credere? Ho letto poco tempo fa che un esegeta ha preferito tradurre: pastore onesto. Ecco, carissimi amici, onesto mi sembra più esatto, più giusto e più reale. Gesù non è stato buono o bello, non possiamo ridurlo a queste due semplificazioni, come ormai facciamo con la nostra vita umana e di fede. Gesù è stato onesto, cioè ha lottato per tentare di non tradire se stesso. Pensate… che bello se insegnassimo ai bambini delle nostre comunità parrocchiali e ambienti non tanto a essere buoni, che nessuno è buono se non il Padre, e nemmeno belli, che la vita ha certi tratti di dramma che possono sfigurarci… pensate se li educassimo a una vita onesta, vivere onestamente la vita. Non in tono moralistico ma antropologico, onestamente lottare per non lasciarsi travolgere dagli interessi. Allora, chiediamoci: cosa dobbiamo fare per essere onestamente uomini? Onestamente pastori?
Carissimi amici, sono i furbi che mi spaventano, quelli che seducono, che il loro parlare e presenza. Magari qualcuno lo fa anche a fin di bene, magari ci credono, ma sono mercenari in fondo. E moriranno da mercenari. Noi dobbiamo dare la vita per amore. Non vendere l’amore, ma morire d’amore.
Una seconda riflessione desidero farla sull’essere chiamati. Una delle più grandi sofferenze che viviamo è il sentirci anonimi, mentre una delle gioie più profonde è sentirci conosciuti, sperimentare il batticuore di essere chiamati da un timbro di voce che riconosceremmo tra mille altri suoni e che, nel pronunciare il nostro nome, ci restituisce la bellezza della relazione, del trovarci davanti a un volto che ci fa venire alla luce e ci fa sentire amati.
Dare la vita e riprenderla è sinonimo dell’essere chiamati, è un linguaggio che rimanda alle vesti che Cristo depone quando lava i piedi ai suoi e che dopo indossa nuovamente (cf. Gv 13,4.12), un binomio che allude alla vita come un continuo essere chiamati. Nessuno può amare per dovere, perché lo detta un cammino ascetico o per dare prova della propria santità. Si ama solo se liberi perché liberamene chiamati.
In questa domenica celebriamo la giornata di preghiera per le vocazioni e il brano del vangelo che abbiamo ascoltato è un bestseller delle giornate vocazionali. Usiamolo pure questo brano, ma chiediamoci se i pochi rimasti nei nostri ambienti sono uomini che stanno amando qualcuno, se le nostre strutture parrocchiali e comunitarie li stanno abilitando ad amare, a mostrarsi per quel che sono, a farsi conoscere nelle loro miserie, se i preti stanno perdendo la vita come farebbe un padre.
Carissimi, questa non è una pagina per i preti ma per i padri e per le madri. E n on è detto che basti avere un figlio per esserlo. Anche qualche prete lo è, padre, penso. Questa è una pagina per tutte le persone scavate dentro da un amore, per quelle persone che hanno dato la vita per un “figlio”.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Dovremmo credere in Cristo perché lui era buono e quindi diventare più buoni? O perché è bello credere?
Cosa dobbiamo fare per essere onestamente uomini? Onestamente pastori?
PREGHIERA
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Salm0 117