LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-18
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Liturgia della Parola: https://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20230604.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
Oggi La Chiesa celebra la festa della Santissima Trinità; celebra, cioè, nella sua pienezza, il Dio cristiano: uno e trino. Da sempre abbiamo tentato di capire questo mistero: come può il Dio unico essere allo stesso tempo Trino? E come può essere Trino mantenendo la sua unità?
Carissimi, la festa della Santissima Trinità è l’annuncio che Dio non è in se stesso solitudine, ma è comunione, legame, abbraccio. Comunione che ci raggiunge e ci dà il suo cuore plurale. Allora comprendiamo che la solitudine ci pesa e ci fa paura: perché è contro la nostra natura. Allora comprendiamo che quando stiamo con chi ci ama, stiamo bene perché stiamo realizzando la nostra vocazione: essere comunione.
Il racconto del Dio trino è il racconto dell’uomo, in quanto creato a sua immagine e somiglianza.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio… In queste parole Giovanni racchiude il perché ultimo dell’incarnazione, della croce, della salvezza: ci assicura che Dio in eterno altro non fa’ che considerare ogni uomo e ogni donna più importanti di se stesso. Dio ha tanto amato… E noi, creati a sua somigliante immagine, «abbiamo bisogno di molto amore per vivere bene» (J. Maritain).
Carissimi, nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con un altro verbo concreto, pratico, forte, il verbo dare (non c’è amore più grande che dare la propria vita…). Amare non è un fatto sentimentale, non equivale a emozionarsi o a intenerirsi, ma a dare, un verbo di mani e di gesti. Siamo chiamati a dare, a donare… ad essere dono. Che bello essere dono di Dio nella quotidianità della nostra vita, cioè essere amore, immagine di quell’amore che da sempre ci ha creati.
Giovanni, nel Vangelo, continua: Dio non non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato. Salvato da cosa, carissimi fratelli e sorelle? Dall’unico grande peccato: il disamore. Gesù è il guaritore del disamore (V. Fasser). Quello che spiega tutta la storia di Gesù, quello che giustifica la croce e la Pasqua non è il peccato dell’uomo, ma l’amore per l’uomo; non qualcosa da togliere alla nostra vita, ma qualcosa da aggiungere: perché chiunque crede abbia più vita. L’amore dona la vita.
Dio ha tanto amato il mondo… E non soltanto gli uomini, ma il mondo intero. E se lui lo ha amato, anche noi dobbiamo amarlo, custodirlo e coltivarlo, con tutta la sua ricchezza e bellezza. Il mondo è il grande giardino di Dio e noi siamo i suoi “giardinieri” chiamati a custodire finché sempre ci sia vita.
Pensare di capire la Trinità attraverso le formule è come tentare di capire una parola analizzando l’inchiostro con cui è scritta. Dio non è una definizione ma un’esperienza. La Trinità non è un concetto da capire, ma una manifestazione da accogliere.
In uno dei capolavori di Kieslowski sui Dieci Comandamenti, si narra che il bambino protagonista sta giocando al computer. Improvvisamente si ferma e chiede alla zia: «Com’è Dio?». La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e tenendolo stretto a sé sussurra: «Come ti senti, ora?». Pavel non vuole sciogliersi dall’abbraccio, alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Pavel, Dio è così».
Dio è come un abbraccio. Se non c’è amore, non vale nessun magistero. Se non c’è amore, nessuna cattedra sa dire Dio. Dio è come un abbraccio. Ecco il senso della Trinità. Dio non è solitudine, ma comunione. Se il nostro Dio non fosse Trinità, vale a dire incontro, relazione, comunione e dono reciproco, sarebbe un Dio da delusione, assente e distratto. Ma Dio è estasi, cioè un uscire-da-sé in cerca di uomini e donne d’amore, in cerca di un popolo, anche se peccatore, fragile, da amare.
Se ci domandassero: tu cristiano a che cosa credi? La risposta sarebbe spontanea: credo in Dio Padre, in Gesù crocifisso e risorto, credo nella Chiesa…
Giovanni ci indica una risposta diversa: il cristiano crede all’amore. Crediamo alla rivoluzione dell’amore, è relazione, è comunione, è incontro, è Dio Uno e Trino.
di Padre Walter Vinci MI
ESERCIZIO PER L’ANIMA
In quale fase della vita senti di essere? Sei in un passaggio o in un inizio?
Qual è il tuo modo di amare oggi?
PREGHIERA
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.
Dn 3,52-56-