LEGGO IL TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni 6,41-51
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
In questa domenica, diciannovesima del tempo ordinario, il vangelo ci fa continuare a meditare sulla teologia del pane.
Due domeniche fa, Gesù aveva parlato di un pane, donato dal Padre suo, venuto dal cielo, un pane capace di dare la vita al mondo (cf. Gv 6,32-33); domenica scorsa, Egli stesso si è identificato con questo pane: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv 6,35).
In questa domenica troviamo la gente che mormora su quanto aveva precedentemente affermato il Cristo: “Come può, un uomo, rivelarsi disceso dal cielo, dunque venuto da Dio? Come può dirsi pane, dirsi cibo capace di togliere la fame? Carissimi amici, in fondo, se ci pensiamo bene, è la stessa critica che mormoriamo anche noi nei confronti di Dio: che pretese ha sulla mia vita quest’uomo? Pensa davvero di farci vivere meglio? Davvero pensa di renderci felici?
Oggi, il Signore, ci dice: non mormorate tra voi.. non sprecate parole a discutere di Dio, potete fare molto di più: tuffarci, abbandonarci, immergici nel suo mistero, cioè nel suo amore.
Non mormorate, mangiate.
Il brano del Vangelo di oggi si articola attorno al verbo mangiare. Un gesto così semplice e quotidiano, eppure così vitale e potente, che Gesù l’ha scelto come simbolo dell’incontro con Dio.
Il pane che mangiamo quotidianamente ci fa vivere… così Dio. Mangiamo la sua carne, sogniamo con i suoi sogni, amiamo come lui ama, perdoniamo come lui ha perdonato. Immergiamo in Dio. Se desideriamo essere figli di Dio dobbiamo essere capaci di immergerci in Lui.
Chiediamo oggi: di cosa nutriamo la nostra anima e i nostri pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure ci stiamo nutrendo di egoismo, di intolleranza, di miopia dello spirito, di insensatezza del vivere, di paure? Se mangiamo pensieri negativi, di divisione, di disprezzo, di non perdono, la nostra vita, anche se predichiamo amore, diventerà egoismo, rifiuto, disprezzo, non perdono. Se mangiamo, invece, pensieri di Vangelo, pensieri di bellezza, pensieri di cielo… questi ci trasformeranno in custodi della bellezza, della tenerezza, in pane che renderà il mondo e la nostra quotidianità più bella.
Mangiare è questione di vita o di morte. Se mangiamo viviamo altrimenti moriamo. Dio è così. La nostra anima è così. Ne vale della nostra vita. Se mangiamo “bocconi di cielo”, ciò “pane divino” .. viviamo. La nostra anima si nutre di elementi buoni, di “alta qualità”. Il segreto del nostro essere cristiani e del nostro vivere in maniera felice e sana è vivere di Dio, cioè nutrirci di Lui.
Non siamo chiamati solo a diventare più buoni, a predicare l’amore, la misericordia, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell’anima, mi trasforma in lui e a volte questo manca nella nostra umanità, anche nella nostra Chiesa, anche in noi preti. Nutrirci di Dio non è altro che trasformarci in quello che riceviamo (Leone Magno).
Come sarebbe bello, oggi, dirci nel profondo della nostra anima, nel silenzio del nostro cuore: che possiamo diventare ciò che riceviamo, il corpo di Cristo.
Il senso della storia, della nostra storia sta nell’avere Dio in me, che il mio assorba il suo, che il suo cuore assorba il mio cuore, che diventiamo una cosa sola. Ed essere una cosa sola significa portare il cielo sulla terra.
Carissimi amici, stiamo attenti ad un solo pericolo: mangiare Dio non si riduce solo al rito della Messa. Il corpo di Cristo non sta solo sull’altare. Dio si è vestito d’umanità, al punto che l’umanità intera è la carne di Dio.
Io non sono ancora e forse mai lo sarò il Cristo, una cosa sola con il Cristo, ma sono questa infinita possibilità di essere uno con Cristo.
Non basterà, forse, questa vita per essere una cosa sola con Lui, ma lui lo ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto che lo diverrò, anche nell’ultimo minuto della mia esistenza: una cosa sola con lui. Ecco il senso del nostro credere: essere una cosa sola con lui.
ESERCIZIO PER L’ANIMA
Di cosa nutriamo la nostra anima e i nostri pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità?
PREGHIERA
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.
-Sal 33-