LEGGO IL TESTO
Dal vangelo secondo Luca 16,1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Liturgia della Parola: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20220918.shtml
MI LASCIO ACCOMPAGNARE NELLA MEDITAZIONE
La parabola dello scaltro amministratore, che incontriamo nel vangelo di questa domenica, XXV del Tempo Ordinario, non ha certo alcuna intenzione di elogiare la disonestà.
Anzi, su questo delicato punto la parola di Dio, sopratutto nella prima lettura, che abbiamo ascoltato, non elogia chi pratica una gestione dei suoi beni insensibile alle esigenze e alla condizione dei poveri:
«Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano?» (Am 8,4-5).
Eppure, l’avarizia riesce a essere la passione assurda che assorbe tutte le forze del nostro cuore e mette i piedi in testa a chi non ha voce o diritto di rivalsa.
Il centro focale della parabola non è la figura del furbo, del disonesto, ma lo sguardo ammirato che il padrone riesce ad avere, con sorprendente naturalezza, nei suoi confronti:
«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8).
Carissimi amici, la parabola di oggi sembra scritta appositamente per darci fastidio, per non farsi capire. L’amministratore avrebbe dovuto chiedere perdono, ridare il maltolto e l’uomo mostrarsi oltre che ricco anche buono, praticamente Dio. E invece no. Quello che abbiamo ascoltato è semplicemente parabola, il perdono e il pentimento invece no, quelli devono essere cronaca, vita concreta, non parabole.
La prima cosa da comprendere è che se Gesù in modo così chiaro e deciso si mette a lodare l’amministratore disonesto è per darci da subito un messaggio chiaro: non è una pagina che parla di morale. Gesù è così paradossale nel suo esempio che ci sta dicendo: sposta la tua attenzione altrove, lascia stare per questa volta il giusto e lo sbagliato, non è questione di comportamento, non è questione di etica, volgi lo sguardo altrove!
Nemmeno sul fatto che l’amministratore disonesto sperperi averi non suoi, non guardare lì, anche se ti viene automatico, il vangelo non è moralista, oggi ancor meno. Dello sperpero, oggi, non gli importa nulla. Siamo chiamati a guardare altrove.
Fermiamoci invece nel cuore del dramma: un uomo di colpo perde tutto. Perde ciò che ha e ciò che è, perde la propria identità, perde se stesso.
E questa è la prima grande provocazione del testo: “i figli di questo mondo sono più avveduti dei figli della luce”, “avveduti” dice una traduzione letterale dal testo greco che ho trovato più interessante, e non “scaltri” che scaltro ha in sé qualcosa di negativo, invece no.
Gesù loda la saggezza dell’amministratore perché gli serve da esempio per dire che occorre vivere così, radicalmente, tutto o niente. Che la vita è come l’Amore, o tutto o niente, non ci si accontenta mai di meno, non si può. Avere fede non è aggiungere il “pezzo sacro” alla compilation dell’ordinario, è invece saper riconoscere che il Tutto batte sempre in Ogni cosa. Bisogna saperlo ascoltare.
Gesù non sta scrivendo un trattato di buoni comportamenti, in questa pagina ci sta chiedendo se il nostro rapporto con Dio è totalizzante.
Totalizzante significa che tutto, dal rapporto con il divino, al rapporto con gli uomini, con le cose, con la natura, tutto o è espressione di Dio o non è.
Ci sta provocando a chiederci: ma senza il rapporto con il Padre tu vivresti ancora o ti sentiresti orfano della casa come l’amministratore disonesto?
L’amministratore sarà quindi disonesto però è lucido, e questa pagina è un elogio alla lucidità dell’uomo che capisce subito che senza la fiducia dell’uomo ricco lui non è più nessuno, diventa niente. Così lucido che riesce a fare una diagnosi spietata di se stesso senza sconti: “zappare non ne ho la forza, mendicare mi vergogno”, non sarà un esempio di limpidezza morale, ma quanti anni servono a un uomo per arrivare a riconoscere i propri limiti?
La vita va vissuta così.. in modo feroce, totalizzante, fino alla fine, costi quel che costi. La vita non è un passatempo da riempire di vuoti giri di parole, la vita non è un libro di buone maniere, non una raccolta di pensieri edificanti, non una summa di grandi idee: la vita è cercare di essere veri, è giocare il tutto per tutto. La vita siamo noi, è la nostra identità, è ciò che siamo, non è lo sfondo su cui possiamo decidere quanto e come muoverci, la vita è tutto.
Ecco perché “chi è fedele in cose di poco conto è fedele anche in cose importanti”, perché le cose di poco conto non esistono, ogni cosa, anche la più minima, se vissuta con verità, pienezza, amore mi parla del Tutto anzi, per dirla meglio, in ogni cosa, anche minima, si parla di noi, si decide di noi, ci siamo noi. In ogni cosa. E questo è affascinante.
ESERCIZIO PER L’ANIMA
In quali situazioni sento di avere dei debiti e dei crediti verso la vita da cui devo farla franca?
Cosa cerco di bloccare, di trattenere, di far restare com’è?
In quale luogo della mia vita sento di dover riprendere a camminare nella libertà?
PREGHIERA
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo.
Salmo 112