Pian piano andavano aumentando i giovani che desideravano condividere la sua vita. Camillo ebbe così la possibilità di “occupare” altri ospedali.
Giunse fino a Napoli, Genova, Milano, Mantova. Anzi, fu proprio a Milano dove scoppiò la dura questione degli ospedali. Camillo di testa sua, senza consultarsi con nessuno, colse l’occasione propizia per farsi affidare tutto l’ospedale, per curare cioè non solo l’assistenza ai malati ma l’intera gestione materiale di tutto.
Per Camillo non c’è distinzione tra materiale e spirituale. Tutto ciò che riguarda i malati lo vuole fare lui.
Ormai prossimo al termine della sua vita, Camillo si ritrovò con quattordici conventi, otto ospedali (di cui quattro sotto la sua completa responsabilità) e con 80 novizi e 242 religiosi professi.
Come S. Camillo, anche i suoi seguaci, sono attenti alle esigenze dell’uomo povero e ammalato. Quando tutti fuggivano, i Ministri degli Infermi accorrevano ad accudire i malati, consapevoli del pericolo che correva la loro vita, ma altrettanto pronti a sacrificarla per amore dei fratelli infermi. Morirono a decine, ma Camillo era fiero dalla dimostrazione di carità da parte dei suoi figli: dove c’era la peste c’erano Camilliani.
Nel XVII secolo, i casi di peste in varie parti dell’Italia furono oltre una dozzina. Nel 1630, una peste devastò il nord ed il centro Italia. Oltre un centinaio di Camilliani si diedero all’assistenza degli appestati e 56 religiosi morirono mentre erano al loro totale e generoso servizio.
Negli anni 1656-57, un’altra peste in Italia portò alla morte 86 religiosi camilliani che accudivano gli appestati: tra le vittime ci furono anche tre superiori provinciali e il Superiore Generale.
Non fu soltanto in Italia che i Camilliani fecero fronte alla peste, ma anche in Spagna, Perù, Bolivia e in tante altre parti del mondo.
Oggi, la stessa attenzione viene rivolta ai malati di lebbra in Cina, Tailandia, Filippine, Africa, Brasile, ai malati di TBC, malattia che uccise milioni di persone nel mondo fin all’inizio dello XX secolo, ai pazienti affetti dall’ HIV/ AIDS.
Per i Camilliani, il tempo di peste e di epidemie era “tempo di festa”, cioè di dedizione incondizionata agli infermi. Finora l’Istituto si è sempre mantenuto fedele a questo ideale, anche se le epidemie non sono state così frequenti e neppure tanto devastanti come nel passato.
“VORREI AVERE CENTO MANI”
L’espansione geografica è stata seguita da importanti innovazioni. Tra queste, la nascita di Congregazioni femminili: le Ministre degli Infermi, le Figlie di San Camillo, l’Istituto Secolare Missionarie degli Infermi “Cristo Speranza”, l’Istituto Stella Maris, le Ancelle Missionarie Camilliane, le Ancelle dell’Incarnazione, Kamillianische Schwestern, la Famiglia Camilliana Laica. Tutte istituzioni legate all’ideale di san Camillo in intima unione con il nostro Ordine. Là dove ci sono Camilliani, quasi sempre ci sono anche “Camilliane”.
IL LAICATO CAMILLIANO
Dopo il Concilio Vaticano II, quasi tutte le congregazioni di vita consacrata maschili e femminili hanno avuto un declino numerico non indifferente. Nel frattempo i laici hanno iniziato ad aver più spazio nelle attività ecclesiastiche finora ritenute esclusive dei consacrati.
Già nel 1592 Camillo costituì un’associazione laica per collaborare con i religiosi nell’assistenza agli infermi. Il coinvolgimento dei laici, pertanto, è parte viva dell’ideale di Camillo e dell’Ordine.
A Napoli i primi Camilliani coinvolsero in modo tale la comunità ecclesiale che tutti, sacerdoti, religiosi e i laici dedicarono parte del proprio tempo e i propri beni all’assistenza agli ammalati nelle famiglie e negli ospedali. “Tutto ciò si deve innanzitutto a Dio e, per ultimo, al nostro Ordine”. Pareva che i nostri servissero di spinta per tutti in questo tipo d’assistenza’ Il primo biografo di San Camillo afferma di “non aver letto né sentito affermare che nessun’altra città del cristianesimo abbia avuto tanti nobili che servissero gli ammalati negli ospedali come a Napoli”.
Fino alla seconda metà del XIX secolo, l’Ordine non possedeva alcuna opere d’assistenza propria. Con le opere di assistenza ed educazione proprie, l’Ordine ha aperto spazi ai laici. Sono loro che consentono il funzionamento di queste opere. I religiosi camilliani non arrivano ad essere 1.200. I laici che lavorano nelle nostre opere si avvicinano ai 20.000.
FAMIGLIA CAMILLIANA LAICA
Accanto ai professionisti è sorta la Famiglia Camilliana Laica, composta da persone che si impegnano a vivere l’ideale e lo spirito di San Camillo nel servizio agli ammalati. Ha uno statuto proprio approvato dalla Santa Sede. Anche se legata alll’Ordine e animata dallo stesso spirito, essa gode di propria autonomia. Sono migliaia i membri sparsi in tutto il mondo. Molti professionisti della salute ne fanno parte arricchendo la loro professionalità con la spiritualità camilliana.