…appunti sul senso del dolore!
di padre Walter VINCI, MI
“Siamo il silenzio che resta dopo le parole
Siamo la voce che può arrivare dove vuole
Siamo il confine della nostra libertà
Siamo noi l’umanità
Siamo il diritto di cambiare tutto e di ricominciare
Ricominciare”
-Il peso del coraggio, F. Mannoia-
https://www.youtube.com/watch?v=tkXnS9BL6e4
Una mamma si ferma di fronte a me e, con le lacrime agli occhi, impaurita e imbarazzata mi domanda “che senso ha il dolore?”.
Parlare di dolore non è facile. È diventato quasi un tabù, anche se sempre più spettacolarizzato e gridato nelle piazze. È diventato, da un lato, oggetto di curiosità nelle trasmissioni televisive e, dall’altro, una dimensione sempre più lontana dai riflettori, è consegnato ad un silenzio sempre più assordante. Il dolore personale e intimo è sempre taciuto, negato, rimosso…Non mi appartiene!
Dal mondo giovanile, arrivano segnali sempre più preoccupanti. Sembrano incapaci di sopportare e di reagire alla sofferenza, anche alle più piccole frustrazioni; incapaci di viverlo, di soffrirlo.
“I giovani, scrive Galimberti, anche se non sempre ne sono consci stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza. Interrogati non sanno descrivere il loro malessere perché hanno ormai raggiunto quell’analfabetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome.”
Il dolore non usa molte parole, talvolta non ne usa affatto. Eppure ci parla e ci dice molto, per questo ci aiuta a crescere e ad accogliere in pienezza la nostra umanità, fatta di slanci e di limiti. Si, è fatta anche di limiti ed è proprio in questa esperienza del limite che nasce il dolore. Nessuno può sfuggire a tale esperienza perché intrinsecamente umana: la sofferenza appartiene all’uomo. Certamente è molto più semplice stordirsi per non sentire e non pensare al dolore. Eppure è una dimensione connessa così intimamente all’uomo da generare una domanda di senso. La domanda del senso di vivere.
Il dolore nasce dalla percezione di essere impotenti di fronte a qualcosa o qualcuno. Percezione che difficilmente l’uomo accoglie nella sua esistenza. Preferisce anestetizzare per non accogliere la realtà che per il “super uomo” o “diversamente dio” non esiste. La vita di fatto è intrecciata al dolore: dal momento della nascita e per tutta l’esistenza. Appartiene all’essere uomo e non può essere esclusa.
La domanda sul dolore è una domanda imbarazzante. Fuori dai ragionamenti. Esclude tutte le parole. Il dolore utilizza solo un unico alfabeto: quello del silenzio. Non possiamo rispondere al senso del dolore. Possiamo solo cercare di balbettare qualche parolina per esprimere il dolore. Eppure dal dolore nasce la vita.
La nascita. Un’esperienza forte di dolore, che produce vita. Una vita bella e una vita donata e da donare. La malattia, se accettata, può produrre vita. La morte, se accolta, può produrre vita. È difficile umanamente accogliere la sofferenza e la morte. Ma pensiamoci bene: se viviamo la stagione della sofferenza e della morte produciamo vita. In che senso? La vita che continua a fiorire attraverso l’altro. La memoria è seme di vita.
Mi potete dire: “io soffro terribilmente per la perdita di un mio caro”. Si, hai ragione! Ed è una realtà che non possiamo cambiare. Una dimensione della vita che non possiamo eliminare. Ma pensiamoci bene e diciamoci: perchè non far continuare a vivere quella persona attraverso me? Lui vive perchè vivo io. Altrimenti tutto è morto, cioè privo di ossigeno. Ma quella vita non è priva di ossigeno. Emana ancora ossigeno. Lo emani tu! Non possiamo lasciare alla morte, al non senso, il sopravvento o il libero arbitrio di soffocarci. La vita non muore mai. La vita continua e continua attraverso te. Dal dolore nasce la vita. In tutte le sue stagioni.
Che senso ha? Oppure, ha un senso? Si, il senso del dolore sei tu! Solo tu puoi dare un senso a quel dolore. Solo tu puoi dare un senso di vita a quel dolore.
Cerchiamo di parafrasare nella nostra esistenza la “storia della perla”. La perla è la conseguenza di un’ostrica che è stata ferita da un granello di sabbia che è entrato nel suo interno. Un’ostrica che non è stata ferita non può produrre perle…
Ecco il senso del nostro dolore. Una vita, la nostra, che che è stata ferita dagli avvenimenti e che, accolta, produce “sfumature di vita” preziose.